In edicola dal 2 aprile, e disponibile anche in fumetteria e nel nostro shop online, “Anime di cera” è un’avventura in cui Harlan si muove – come spesso gli capita – a metà tra Storia e fantasia, di cui vi proponiamo una breve sequenza a fondo pagina. A scriverla è stato Gianmaria Contro, un veterano della redazione di via Buonarroti al suo esordio sulle pagine di Dampyr. Non potevamo perdere l’occasione di porgli qualche domanda per farci raccontare com’è nato il suo primo sbarco sulla testata.
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La Storia dell’arte è ricchissima di figure “inedite” che potrebbero fornire linfa fresca a tante narrazioni orrorose; donne e uomini che portano con sé misteri, biografie tormentate, itinerari di ricerca estetica apparentemente bizzarri o folli.
► A giudicare dalle sue opere, Gaetano Giulio Zumbo sembra un personaggio perfetto per un racconto horror, eppure in questo ambito è una figura praticamente inedita. Cosa ti ha convinto a farne il fulcro del tuo esordio dampyriano?
A pensarci bene, la risposta è già nella domanda… Zumbo è perfetto per un racconto horror! In effetti, la Storia dell’arte è ricchissima di figure “inedite” – ovvero di veri e propri Maestri tutt’oggi anonimi o semisconosciuti – che potrebbero fornire linfa fresca a tante narrazioni orrorose; donne e uomini che portano con sé misteri, biografie tormentate, itinerari di ricerca estetica apparentemente bizzarri o folli. Titani come Caravaggio, Leonardo o Hyeronimus Bosch sono punte di un iceberg che, sotto il pelo dell’acqua, nasconde un vasto esercito di personaggi meno noti, ma non per questo meno affascinanti.
Lo stesso, del resto, si potrebbe dire per la Storia delle scienze… Le nostre cognizioni medico-anatomiche, non sono sorte per miracolose intuizioni, ma attraverso il lavorio maniacale – talvolta crudele, spesso inquietante, sempre sanguinolento – di innumerevoli sperimentatori… Insomma, per chi colleziona mostri & spettri, non c’è che da armarsi di pazienza e andare a disseppellire questo fantastico e terribile materiale.
Quanto a Zumbo, mi sono imbattuto in lui qualche anno fa, mentre mi documentavo per il saggio “Zombie Walk”, cioè mentre mi aggiravo tra artisti del macabro, dissezionatori, imbalsamatori, pionieri della patologia forense e galvanisti; una nutrita congrega di allegroni. La sua opera in qualche modo spiccava, era una così suggestiva e inestricabile miscela di arte e scienza, di morbosità ed estasi religiosa…


Harlan Draka è un eroe oscuro, che coltiva una vena di passione antiquaria e accanto alla stringente e complessa continuity “vampirica” non disdegna qualche incursione nel territorio delle avventure autoconclusive.
Immediatamente mi son detto: «quest’uomo non ha una storia, quest’uomo è una storia». Si trattava solo di trovare l’occasione giusta… E Harlan Draka era a sua volta perfetto per fornirmela. Un eroe oscuro, che coltiva una vena di passione antiquaria e – accanto alla stringente e complessa continuity “vampirica” – non disdegna qualche incursione nel territorio delle avventure autoconclusive…
► Come mai hai scelto Firenze, come ambientazione principale della storia?
Si potrebbe dire che, in quanto “laboratorio del Rinascimento italiano”, il capoluogo toscano sia la scenografia ideale per tutto ciò che ruota intorno all’arte e ai suoi misteri… Ma in verità è stata la natura del soggetto a imporlo: i “teatrini ceroplastici” e almeno una delle “teste anatomiche” di Zumbo sono effettivamente conservati nelle sale del fiorentino Museo della Specola ed era lì che Harlan doveva trovarli.
Diciamo che si è trattato di una felice convergenza: i dati di fatto mi offrivano l’occasione di utilizzare una delle più belle e iconiche città del mondo… e dunque ne ho approfittato senza esitazioni!
► A pensarci, il cattivo di turno non poteva che essere un francese, giusto?
A essere onesto, io non ci avevo pensato. Ho tanti difetti, ma di certo non soffro di pruriti nazionalistici… Scherzi a parte, anche Guillaume Desnoues fa parte della “realtà storica” da cui “Anime di cera” è nato. Era un medico e un anatomista di fama all’epoca (stiamo parlando del XVII e XVIII secolo), ed effettivamente collaborò con Zumbo per un breve periodo durante la trasferta oltralpe di quest’ultimo, che si concluse tragicamente col prematuro decesso dell’artista, nel 1701.


Anche Guillaume Desnoues fa parte della “realtà storica” da cui “Anime di cera” è nato Era un medico e un anatomista di fama ed effettivamente collaborò con Zumbo per un breve periodo.
Il buon Desnoues – col quale mi scuso per averlo dipinto come un mefistofelico villain – mi è stato offerto sul proverbiale piatto d’argento proprio dalle documentate circostanze di quella collaborazione. Narrano le cronache, infatti, che poco prima di morire Gaetano Giulio ebbe con lui un violento litigio, motivato – forse – da rivalità professionali… Qualcosa che – forse – aveva a che fare con la paternità di un’opera… Ma è un punto su cui è meglio cedere il passo e la parola ai veri storici.
Per quanto mi riguarda, quella disputa nasceva da motivi assai più inconfessabili, come i lettori scopriranno… Alla fine, la parte più divertente di questo tipo di affabulazione è proprio qui: provate a riempire gli spazi vuoti della Storia con l’opera della fantasia e state a vedere “l’effetto che fa”.
► Nell’introduzione dell’albo hai ringraziato Max Avogrado, che l’ha disegnato. Com’è stato, lavorare con lui su una storia così impegnativa?
Max ha una particolare predilezione per il Noir, inteso come spazio narrativo, ma anche e soprattutto come stile grafico e “impronta visiva” in senso lato. Il suo amore per il chiaroscuro, le penombre e i contrasti espressionistici mi era ben noto almeno dai tempi in cui lavorammo insieme a “Memoryville“, ma, per chi ne volesse un saggio ancora più esplicito, basterebbe sfogliare le tavole che aveva già realizzato per il “Notturno newyorkese” di Samuel Marolla. Quell’albo sembrava l’adattamento fumettistico di una pellicola di Robert Siodmak o di Jacques Tourneur.


Max Avogadro ha una particolare predilezione per il Noir, inteso come spazio narrativo, ma anche e soprattutto come stile grafico e “impronta visiva” in senso lato. Ed è un professionista con cui dialogare è facile e piacevole.
A partire da qui, non è stato difficile avviarsi lungo la via di Dampyr… In una battuta: bastava mescolare il bianco e nero di quei vecchi classici con quello obitoriale e “postmoderno” de “La notte dei morti viventi”! Detto ciò, aggiungo più che volentieri una speciale nota di merito personale al medagliere di Avogadro: è un professionista con cui dialogare è facile e piacevole, sempre attento a cogliere l’intenzione dello sceneggiatore, ma anche capace di “completarla”, risolvendone le piccole fragilità, quando necessario.
► Sempre nell’introduzione, scrivi che è stato «un onore e un piacere» passare dalle parti di Dampyr e che non ti dispiacerebbe rifarlo. Il curatore della testata è d’accordo?
Su questo punto potrei essere maliziosamente telegrafico e indirizzarvi al diretto interessato… In verità, non ne abbiamo ancora parlato. Mauro Boselli è sempre trascinato via dalla vorticosa gestione dei suoi molteplici cantieri e neanch’io – che, per inciso, sto lavorando attualmente a una storia di Martin Mystère – ho troppe occasioni per annoiarmi.
A suo tempo, Sergio Bonelli amava ricordare che certe decisioni le aveva prese “davanti a una pizza”… Diciamo che io e Mauro dovremo accontentarci di un fugace incontro alla macchinetta del caffè. Allora sapremo se il mio piccolissimo contributo alla grande saga di Dampyr avrà eventualmente l’opportunità di crescere…
A cura di Alberto Cassani
Dampyr 265 “Anime di cera“, testi di Gianmaria Contro e disegni di Max Avogadro, copertina di Enea Riboldi. Dal 2 aprile in edicola, fumetteria e nel nostro sito ufficiale.
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