Intervista Tex

Il Tex di Stefano Biglia!

In edicola dal 21 giugno, "Ben il bugiardo" è lo Speciale Tex numero 41, il tradizionale "Texone" disegnato questa volta dall'esperto Stefano Biglia. Gianmaria Contro gli ha posto qualche domanda per presentare l'albo.

20/06/2025

Il Texone del 2025, come sempre una delle uscite più attese dai fan del Ranger bonelliano, arriva in edicola e fumetteria sabato 21 giugno. Numero 41 della collana Tex Speciale, "Ben il bugiardo" vede all'opera quello Stefano Biglia che i lettori della nostra Casa editrice già ben conoscono, qui su testi di Pasquale Ruju.

Per presentarvi l'uscita, vi proponiamo qui sotto una parte dell'intervista che Gianmaria Contro ha realizzato con il disegnatore genovese per raccontarne il lavoro. Per leggere il resto, vi diamo appuntamento in edicola con il Texone di Biglia!

Per indole, mi approccio sempre ai nuovi progetti con entusiasmo e pragmatismo, e così è stato anche per il "Texone".

Capita spesso che chi illustra il "Texone" sia alla prima esperienza nel mondo del Ranger. Al contrario, lei è un veterano della testata. Come è stato realizzare questa storia? Le è parso... diverso dal solito?

Per indole, mi approccio sempre ai nuovi progetti con entusiasmo e pragmatismo, e così è stato anche per il "Texone". Ricordo di aver riflettuto un giorno intero su come avrei potuto realizzarlo per dare un'impronta inusuale... Sono però arrivato alla conclusione che stilisticamente non avrei dovuto "forzare la mano". Il gusto personale mi ha portato a mettere a punto un linguaggio grafico fatto di sintesi e netti contrasti di bianco e nero; a quello sarei rimasto fedele.

Semplicemente, dovevo lasciarmi guidare dalle suggestioni che la storia mi avrebbe fornito, e in parte anche dal formato più grande. Pur consapevole che questo lavoro rappresentava una tappa importante per la mia carriera, ho cercato, quindi, di portarlo avanti senza che la "pressione" prendesse il sopravvento. Solamente alla fine, mentre coloravo la copertina, ho iniziato a realizzare che c'era grande attesa per la sua pubblicazione e, posato il pennello, è salita la sana tremarella.

Oggi Internet mette a disposizione una quantità incredibile di materiale, ma allora la  documentazione scarseggiava e bisognava darle la caccia tra riviste, enciclopedie, televisione e cinema.

Nel corso degli anni Novanta, si è formato sotto l'ala di maestri del western a fumetti come Gino D'Antonio e Renzo Calegari.  Cosa ricorda di quel periodo e di quelle persone?

In quegli anni, sembrava che tutto il West dei fumetti si fosse dato appuntamento a Chiavari. A partire dallo studio "La Cittadella" di Renzo Calegari, dove era spesso presente Gino D'Antonio, si potevano incontrare a poche centinaia di metri lo studio di Ivo Milazzo, con Pasquale Frisenda, Goran Parlov, Laura Zuccheri, Giuseppe Barbati al lavoro su "Ken Parker Magazine". E ancora, guardando a nord verso le alture, ma non troppo distante, c'era il maestro Aurelio Galleppini. Lo stesso fondatore della Scuola del Fumetto Chiavarese, Enrico Bertozzi, era un disegnatore appassionato e conoscitore del genere western e del mondo dei cavalli.

Quelle giornate trascorse in studio con Calegari e D'Antonio erano accompagnate dalla loro instancabile aneddotica: raccontavano le esperienze allo studio di Roy D'Amy, nella Milano degli anni Cinquanta e Sessanta, e le lunghe ore passate nelle sale cinematografiche a guardare due o tre programmazioni dello stesso film, per fissare nella mente le migliori immagini.

Oggi Internet mette a disposizione di sceneggiatori e disegnatori una quantità incredibile di materiale, ma allora la  documentazione scarseggiava e bisognava arrangiarsi; darle la caccia tra riviste, enciclopedie, televisione e - per l'appunto - cinema.

A mio parere, Magico Vento vedeva il contributo dei migliori disegnatori western, nazionali e internazionali, del momento. Devo molto a quel modo di raccontare il West.

Lei ha toccato con mano - se così si può dire - le due anime del western bonelliano: quello di "Tex" e quello del "Magico Vento" di Gianfranco Manfredi. Ci permettiamo una piccola provocazione: se dovesse scegliere, quale dei due preferirebbe?

Con "Magico Vento" mi sono letteralmente "fatto e rotto le ossa"! A mio parere, la testata curata da Renato Queirolo vedeva il contributo dei migliori disegnatori western, nazionali e internazionali, del momento. Devo molto a quel modo di raccontare il West: crudo, documentato e cinematografico. Rispetto a Tex, però, ho faticato maggiormente a sintonizzarmi con il personaggio di Ned Ellis. Gianfranco Manfredi lo aveva costruito in armonia con la sua visione crepuscolare del genere: introverso e disilluso, soprattutto da un certo momento in poi. La cosa aveva naturalmente un senso narrativo, Magico Vento era uno sciamano che viveva in prima linea la tragica vicenda dei popoli nativi.

Ma, se devo essere onesto, io preferisco figure più positive e solari, che non si prendano troppo sul serio. Le ricerco anche nella vita. La mia preferenza va quindi al Ranger e ai tre pards, con quel West epico... "tosto", ma capace di autoironia e, ogni tanto, di essere persino volutamente un po' naïf.

La mia fonte primaria è stata proprio il cinema, che mi ha rapito fin da bambino. Le letture sono arrivate dopo, con "Tex", che ho incontrato grazie ad alcuni albi disegnati da Giovanni Ticci ed Erio Nicolò.

Facciamo un passo indietro. Come si è "costruito" un immaginario? Si pensa che il cinema sia sempre l'ispirazione primaria, ma a quali altre fonti - anche fumettistiche, naturalmente - si è rivolto per dare forma al suo universo grafico?

La mia fonte primaria è stata proprio il cinema, che mi ha rapito fin da bambino. Le letture sono arrivate dopo, con "Tex", che ho incontrato grazie ad alcuni albi disegnati da Giovanni Ticci ed Erio Nicolò... Li avevo sottratti indebitamente a un mio cugino, che custodiva gelosamente la collezione intera nella casa di campagna dove trascorrevamo le vacanze estive.

In seguito, fui fulminato da "Il West di Renzo Calegari", una serie di illustrazioni apparse su "Il Giornalino" delle Edizioni Paoline a metà degli anni Ottanta. Ancora oggi, me le ricordo nitidamente. Poi, in quello stesso periodo, uscirono le avventure di "Capitan Rogers" realizzate con lo stile inconfondibile di Giorgio Cavazzano. Da lì dovevo capire - e probabilmente l'avevo già capito - che il destino mi stava suggerendo qualcosa, ad alta voce...

In seguito, comunque, man mano che approfondivo la conoscenza della Storia dell'arte, è sbocciato un amore viscerale per la pittura di Frederic Remington e per i Macchiaioli toscani; ogni dipinto è come un viaggio in un altro mondo.

A cura di Gianmaria Contro

Speciale Tex 41 "Ben il bugiardo", testi di Pasquale Ruju e disegni di Stefano Biglia, copertina di Stefano Biglia. Dal 21 giugno in edicola, fumetteria e nel nostro sito ufficiale.


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