Sergio Bonelli
A soli 13 anni, Sergio Bonelli, con il racconto "Gli eroi della Montagna", si classifica secondo nel concorso "Alla ricerca del più giovane scrittore italiano", promosso dalla Redazione Audace. A dirla tutta, le cose non andarono proprio così. Come ricorda il padre, Gianluigi Bonelli: «In realtà Sergio era arrivato primo, ma né io né mia moglie Tea volevamo che facesse il mio mestiere. Non glielo abbiamo mai detto che aveva vinto davvero...».
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"Dopo una notte di avventurosi sogni che mi portarono in terre barbare e sconosciute, aprii lentamente gli occhi. La stanza era ancora buia, solo un fil di luce trapelava dalla carta dell'oscuramento. Pensai con soddisfazione di poter schiacciare un altro pisolino, quando la mamma, levando la carta azzurra, innondò la camera di luce. Rassegnato mi stirai pigramente e mi affacciai alla finestra. Ancora acqua! Dopo tanti giorni di pioggia speravo di vedere un po' di sole, ma come sempre rimasi deluso. Tutto era triste ed uniforme, il terreno ricoperto di foglie ingiallite, e perfino il lieto canto degli uccelli che tanto rallegrava l'animo si era taciuto. Peccato! Quell'acqua così insistente rovinava i miei progetti. Avevamo deciso di andare a fare le "bruciate" su un monte, ed invece...

«In realtà Sergio era arrivato primo, ma né io né mia moglie Tea volevamo che facesse il mio mestiere. Non glielo abbiamo mai detto che aveva vinto davvero...».
Gironzolavo annoiato per la casa almanaccando come passare un'ora piacevole, quando un fischio a me ben noto mi fece precipitare alla finestra. Era lui! Il mio caro vecchio amico col vestito a brandelli ed il mitra a tracolla. Rammentai il nostro primo incontro: venivo dalla scuola di un paese quattro chilometri più sotto con la bicicletta a mano perché la salita era troppo ripida e mi fermai di colpo un pochino spaventato quando egli mi si parò dinnanzi sbucando da un cespuglio. «Non aver paura Nanni» mi disse mentre io spalancavo gli occhi sempre più meravigliato che conoscesse il mio nome. «Io sono un partigiano della Brigata Garibaldina e so che tu sei un bambino coraggioso capace di mantenere un segreto, forse perché nel tuo sangue scorre il sangue di uno di noi». Mi lusingò e m'inorgoglì l'allusione a mio padre, scappato da casa sei mesi prima per sfuggire alle persecuzioni dei nazifascisti, e da quel momento fui suo anima e corpo.
«Sono pronto a qualsiasi cosa» risposi. «Non è niente di straordinario quello che ti chiedo» replicò il mio nuovo amico «ma la minima indiscrezione può mettere in pericolo la vita mia e quella dei miei cari. Sono il padre di Roberto S... – e disse il nome di un mio compagno assente dalla scuola da più di un mese – egli è molto ammalato e vorrei che tu andassi a trovarlo e mi portassi notizie tutti i giorni. Con la scusa dei compiti nessuno potrebbe sospettare e tu renderesti felice questo povero papà. Vuoi?»
Confesso che rimasi un po' deluso: avevo pensato a missioni speciali, a qualche misterioso plico da portare magari al capo dei partigiani in persona, ed invece... Ma il pallido viso commosso che mi guardava ansioso mi decise all'istante. «Va bene» risposi dandomi forse un po' d'importanza «non dovete temere nulla e tutti i giorni a quest'ora avrete notizie di vostro figlio». Una stretta di mano che mi riempi d'orgoglio suggellò il nostro patto. Da allora, tutti i giorni all'angolo della stradicciuola che porta nel bosco, incontrai il mio vecchio amico. Talora un fischio mi indicava che dovevo proseguire senza fermarmi perché non c'era via libera. Quanta trepidazione allora nel mio povero cuore! Man mano che il bambino migliorava ritornava nell'animo del padre quella serenità e quella spensieratezza che gli permettevano di raccontarmi aneddoti e novità della sua vita partigiana e di insegnarmi l'ultima delle loro innumerevoli canzoni improntate dal più fulgido amor patrio. Poi, in seguito ad un rastrellamento che si prolungò per parecchi giorni e seminò il terrore nella piccola borgata, non ne seppi più nulla.
Quando tornò la calma invano sperai di vederlo sbucare dal suo cespuglio, invano aguzzai le orecchie per cercare di percepire il fischio a me ben noto... ed ora, eccolo passare dalla mia casetta al limitare del bosco incurante della pioggia che cadeva incessante. Finsi noncuranza per non insospettire mamma ed uscii con una scusa. Il battito del mio cuore e l'istinto che mi gettò nelle sue braccia mi dissero quanto mi era caro il mio vecchio amico. Al riparo di un grosso albero egli incominciò il racconto delle sue avventurose gesta. Aveva combattuto nella battaglia delle "Cento Noci" ed era stato ferito alla spalla sinistra. Mi mostrò dove, ed io avrei baciato la pelle martoriata del mio eroe.
«Nanni» mi disse «ti ringrazio per quanto hai fatto per me, e vorrei premiarti in qualche modo». Rimasi titubante: una cosa sola desideravo al mondo, e timidamente glie la sussurrai all'orecchio. Vidi il suo volto oscurarsi. «E la mamma? Occorreranno parecchie ore». «Non temete» risposi «ci penserò». Ci trovammo l'indomani e mi precedette per lo stretto sentiero che conduceva in cima ad un alto monte. Finalmente il mio sogno si avverava! Avrei visto l'accampamento dei patrioti. Dopo due ore di faticoso cammino su mulattiere cosparse di grossi macigni giungemmo ad un ammasso di filo spinato. Quivi una sentinella ci si parò dinnanzi, ma dopo aver scambiato poche parole col mio compagno di viaggio, ci invitò a proseguire.
Ecco le prime tende mimetizzate e dietro di esse un misero cascinale che serviva da comando. I partigiani vedendoci ci si affollarono attorno e le domande, a decine, non lasciarono fiato al mio compagno. Più tardi, affratellati attorno al fuoco che cuoceva il loro modesto rancio, li vidi tutti. Erano volti giovanili ornati dal pizzo biondo, occhi pieni di serena fierezza che rispecchiavano la santità della causa per cui combattevano: sul petto una stella rossa. Mentre io li osservavo intonarono uno dei loro canti lontani o il rimpianto dei compagni che dormivano il loro sonno eterno sotto le cinque rozze croci piantate nella battaglia delle "Cento Noci".
Ma il tempo passò inesorabile e dovetti tornare. L'eco delle loro canzoni mi accompagnò per un breve tratto di cammino, ma mi rimase per sempre nel cuore.
Fischia il vento, infuria la bufera..."
Da "Gli Eroi della Montagna", contenuto nel volume "Sergio Bonelli/Guido Nolitta L'Editore Narratore", di Gianni Bono, in anteprima a Lucca Comics & Games e poi in libreria, fumetteria e su shop.sergiobonelli.it.
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