«Quando Alfredo Castelli si è presentato alla nostra Casa editrice, aveva i pantaloni corti». Ho sentito un sorridente Sergio Bonelli raccontare quest’aneddoto in più di un’occasione, e ogni volta Alfredo ha replicato con una risposta molto simile a quella data tempo fa a Stefano Priarone: «Ho sempre detestato e tuttora detesto i pantaloni corti in città salvo che – attenzione: maschilismo senile! – siano indossati da piacenti ragazze. Comunque avevo 18 anni, non ero un bimbo, potevo vestirmi come mi pareva e non li portavo. Era un’invenzione di Sergio basata soltanto sulla mia giovane età».

Eppure, nonostante questa sua smentita, Alfredo spesso si è fatto fotografare da bambino in pantaloni corti (vi rimando ai vari libri biografici che ha pubblicato su se stesso) e quando da grande ha scelto di farsi ritrarre come uno dei Bonelli Kids, ha scelto anche in quel caso di indossare pantaloncini corti, con un cappellino colorato con elica in testa mentre stringe fra le mani una fionda pronta a scagliare biglie.

D’altra parte, Alfredo ha indagato in vari saggi le vicende di tanti monelli che indossavano i pantaloni corti, da Max e Moritz a Bibì e Bibò, per non dimenticarne due che giravano in pigiama: Yellow Kid e Little Nemo. Una delle caratteristiche di questi monelli è sempre stata quella di vivere avventure incredibili e fare scherzi pazzeschi. Alfredo credo che abbia imparato molto da loro.

Esistono leggende su Castelli che scappa dai creditori strisciando fuori dalla finestra su un cornicione, addirittura senza i pantaloni indosso, ma c’è chi pensa che questa storia l’abbia scritta lui apposta. Ma posso certificarvi però che, in fatto di scherzi disegnati, Alfredo è stato un maestro eccezionale per tutta la vita. Con o senza braghette, possiamo inoltre certificare che si presentò all’età di 17 anni dalle sorelle Angela e Luciana Giussani, convincendole a pubblicargli il suo primo fumetto nero-umoristico: “Scheletrino”. E di lì a poco riuscì persino a convincere Sergio Bonelli ad affidargli alcune sceneggiature di Carabina Slim.

All’epoca sua zia Lina, che come sua mamma aveva fatto la maestra per una vita, aveva già cercato di far incontrare Alfredo con un’altra persona che gli avrebbe potuto cambiare la vita. Si trattava di un ex promettente allievo, che non portava più i pantaloni corti, che la zia Lina aveva educato in una piccola classe nel paesino di Cola di Vetto. Era mio padre: Raffaele Crovi. Cresciuto fra l’Appennino e Correggio, aveva iniziato fin da piccolo a scrivere poesie e aveva sfondato nel mondo dell’editoria diventando collaboratore di Elio Vittorini. Negli anni in cui Alfredo indossava ancora i pantaloncini era già diventato dirigente in Rai a Milano, dopo avere lavorato in Einaudi e Mondadori, e fra i suoi collaboratori dell’epoca spiccavano Enrico Vaime, Cino Tortorella, Bianca Pitzorno e sarebbe arrivato anche Tiziano Sclavi. Proprio lui, il grande autore di fumetti che avrebbe immortalato Alfredo Castelli con il suo disegno più celebre.

Mio padre riceveva e leggeva puntualmente “Il Corriere dei Ragazzi” e “Il Corriere dei Piccoli” grazie al suo amico Mino Milani che gli aveva presentato a una mostra di pittura proprio Sclavi. Su quella rivista, io seguivo tre serie a fumetti: “Il maestro”, disegnato da Aldo Di Gennaro e sceneggiato da Milani, “l’Ombra” e “Gli aristocratici” scritti da Castelli e disegnati da Ferdinando Tacconi e Mario Cubbino.

Quando ho iniziato a lavorare alla Sergio Bonelli Editore mi sono sentito come un bambino nel Paese dei Balocchi. Immaginatevi quando mi hanno messo a lavorare alle invenzioni di Alfredo: la collana degli Almanacchi, il Dizionario dei Misteri, il catalogo di Spina, il pop-up di Pompei. Mauro Boselli sosteneva che io e Maurizio Colombo eravamo la redazione perfetta per seguire i progetti del Buon Vecchio Zio Alfy. E come due mastini, in cerca di refusi e ripetizioni, abbiamo sempre letto, riletto, impaginato e commentato i suoi testi. Siamo stati fra i primi ad avere in omaggio da lui la statuetta del suo Omino Buffo (che si è rotta subito, fra l’altro), come Oscar premio per il nostro impegno.

Curiosamente Colombo, seppur disegnato varie volte da Castelli e celebrato in alcune sue barzellette come il “Sciur Colombo”, non può però raccontare di essere stato mai oggetto degli incredibili scherzi del Buon Zio Alfy. Io invece ne vorrei ricordare uno eclatante che riguarda me e la mia famiglia. Quando nacque mio figlio Daniele fu appesa in ufficio la foto in cui io e mia moglie lo mostravamo sorridente. Alfredo intuì subito che era una foto perfetta. La scansionò e mise in evidenza gli occhi accesi e azzurri di mio figlio. Lo pigmentò, in versione zio Tom, e lo rese ancora più buffo. Accanto a noi nella foto inserì il dottor Peter Benton, interpretato da Eriq La Salle nella serie televisiva di “E.R.”. Stampò la nuova immagine e l’appese in segreteria. Qualche ora dopo mi accorsi che c’era un capannello di colleghi che rideva a crepapelle davanti alla foto. Avvicinandomi, mi accorsi di cosa aveva combinato Castelli. Mi diressi nel suo ufficio. Lui si girò dalla seggiola, avendo riconosciuto, dal passo non felpato, la mia presenza. Abbassò gli occhiali e mostrò una faccia sorpresa. Io, sorridendo, l’abbracciai.

La foto è ancora appesa in camera di mio figlio Daniele che ha vent’anni, accanto a quelle delle sue gare di nuoto. E so che Alfredo sta ancora sorridendo per quel bellissimo fotomontaggio e me lo immagino con i pantaloncini corti colorati e con la fionda per lanciare biglie pronta a colpire. Alfredo non ha mai sbagliato un colpo, né uno scherzo!

Luca Crovi

La foto di Alfredo Castelli è di Alex Dante, il personaggio di Alf è realizzato graficamente da Luca Bertelé.


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