Intervista Audace

Nella perfida terra di... Maurizio Colombo!

Sugli scaffali dallo scorso dicembre, "Nella perfida terra di Dio" adatta a fumetti l'omonimo romanzo di Omar Di Monopoli. Disegnato da Giuseppe Baiguera, il cartonato è sceneggiato da Maurizio Colombo, che ci ha raccontato il lavoro che ha svolto.

15/02/2023

Uscito nel 2017 per Adelphi, Nella perfida terra di Dio è il quinto romanzo di Omar Di Monopoli, che si inserisce pienamente nel filone del "western pugliese" che l'autore salentino aveva definito già nel suo romanzo d'esordio, un decennio prima. A metà dicembre 2022, poi, Sergio Bonelli Editore ne ha distribuito nelle librerie di varia e in quelle specializzate l'adattamento a fumetti, realizzato da Maurizio Colombo e Giuseppe Baiguera. Abbiamo fatto qualche domanda proprio allo sceneggiatore, che ci ha raccontato cosa l'ha colpito del romanzo e come si è posto nel lavoro di adattamento.

In fondo alla pagina potete anche il trailer del volume realizzato da Alex Dante e le prime tavole del fumetto. Buona lettura!

Mi è piaciuta la sua visione d'insieme, il suo mescolare il western con l'horror e le tematiche sociali. Potrebbe essere benissimo una storia americana, ma il bello è proprio che è ambientata qui da noi.

► Tu sei abbastanza parsimonioso, nella scelta delle sceneggiature cui lavorare...

No, io sono pigro. Ma d'altra parte, se alla tivù danno "L'uomo mascherato contro Giulio Cesare", come faccio a perdermi un filmone così per mettermi a scrivere un fumetto?

► "L'uomo mascherato contro Giulio Cesare"?

Esiste, eh?

► Davvero?

No. Però se è esistito "Zorro contro Maciste", avrebbe potuto benissimo esistere anche questo!

► Ma allora cosa ti ha convinto a lavorare a Nella perfida terra di Dio?

Il romanzo. Si capisce che Omar Di Monopoli l'ha scritto senza voler per forza piacere ai funzionari delle televisioni che avrebbero potuto farne una serie. Mi è piaciuta la sua visione d'insieme, il suo mescolare il western con l'horror e le tematiche sociali. Per comodità l'hanno definito un "western pugliese" perché ci sono il sole, il deserto e si sparano, ma in realtà non ha etichette. Potrebbe essere benissimo una storia americana, ma il bello è proprio che è ambientata qui da noi.

È la storia di due ragazzini cresciuti senza regole e senza educazione in un paese in cui la criminalità è incoraggiata. Attorno a loro non ci sono personaggi positivi, e non c'è mai alcuna redenzione. Chi più chi meno, sono tutti cattivi, e tu sei costretto a tifare per il meno cattivo. È questo che lo differenzia dalla tipica narrativa italiana "di genere": c'è voglia di scuotere la gabbia.

Mi sono divertito a indossare i panni di vari registi: le sparatorie sono fatte come le avrebbe girate Enzo G. Castellari, il finale è un Aldo Lado in stile "Chi l'ha vista morire?"...

► Prima hai parlato di horror e western, ma c'è molto anche del poliziottesco anni 70...

Diciamo che mi sono divertito a indossare i panni di vari registi: le sparatorie sono fatte come le avrebbe girate Enzo G. Castellari, il finale è un Aldo Lado in stile "Chi l'ha vista morire?"...

Però chiamiamolo "poliziesco d'azione", perché "poliziottesco" è un termine dispregiativo inventato dai critici dell'epoca, che li stroncavano sempre perché ne davano una lettura politica. Invece erano film western con le moto al posto dei cavalli. Il principio era lo stesso: lo sceriffo che fa rispettare la legge.

► Poliziesco d'azione, ma anche di violenza. Giusto?

Non si può raccontare una storia di questo genere senza usare la violenza, però io cerco sempre di mostrare una violenza che disgusti, che impressioni. Non credo nella violenza pulita e divertente, non mi piace. Secondo me la violenza deve lasciare il segno, deve sempre essere brutta a vedersi.

► Quindi c'è molto di tuo, in questo volume?

Molto. È un po' come un cantante che fa la cover di una canzone e la rende sua. Quando adatto opere altrui cerco sempre di metterci qualcosa in più perché entri nella testa della gente. Leggendo un libro tutti si fanno già la propria regia, lo arricchiscono. È per questo che devi offrire qualcosa di diverso dal prodotto da cui sei partito: le trasposizioni "quadrate" sono sempre deludenti proprio perché non aggiungono nulla.

Devo dire che sono soddisfatto, abbiamo fatto un buon lavoro di adattamento. E poi, nonostante tutti i cambiamenti, Omar Di Monopoli è stato contento.

Una scelta che rivendico, ad esempio, è aver presentato i flashback "in diretta", con l'interazione tra il passato e il presente, come in "Keoma" di Castellari. Perché in fondo, quando noi ricordiamo le cose lo facciamo vedendoci presenti, come se le vedessimo accadere sotto i nostri occhi.

► A proposito, come avete scelto la forma grafica per i flashback, tu e Baiguera?

Dato che non c'è una cesura precisa tra sogno e realtà, era necessario che lo stile grafico differenziasse nettamente i due piani temporali. È un po' come se un film a colori diventasse in bianco e nero, è un modo per staccare la narrazione. All'inizio avevo anche pensato che ogni flashback avrebbe potuto avere uno stile diverso, unico: uno in linea chiara, uno finto graffiato... Ma poi si è deciso di fare diversamente e abbiamo dato a tutti lo stesso stile.

► In conclusione, valeva la pena di farti strappare a Zorro e Maciste per scrivere Nella perfida terra di Dio?

Devo dire che sono soddisfatto, abbiamo fatto un buon lavoro di adattamento. E poi, nonostante tutti i cambiamenti, Omar Di Monopoli è stato contento. Anzi, si è ritrovato nelle modifiche che abbiamo fatto!

A cura di Alberto Cassani e Luca Crovi

Nella perfida terra di Dio, testi di Maurizio Colombo e disegni di Giuseppe Baiguera, copertina di Giuseppe Baiguera. Disponibile in libreria, fumetteria e nel nostro sito ufficiale.


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