Intervista Dylan Dog

Luci e Ombre di Francesco Dossena

In edicola da mercoledì 10 maggio, il nuovo Dylan Dog Color Fest è interamente disegnato da Francesco Dossena, che ha dato china a tre storie molto diverse tra loro. L'artista milanese ce ne racconta l'esperienza in questa intervista.

08/05/2023

Il rosso svanito, un gelido ricordo, un ospite sgradito... Sono queste le suggestioni delle tre storie contenute del Dylan Dog Color Fest 45, in edicola a partire dal 10 maggio. Tre storie molto diverse fra loro, ma con un particolare in comune: sono tutte disegnate da Francesco Dossena, che i lettori dell'Indagatore dell'Incubo hanno imparato a conoscere grazie al ciclo 666. Il questa intervista, il disegnatore milanese racconta la sua carriera e la sua esperienza alle prese con l'Inquilino di Craven Road.

Ho fatto un piccolo esordio a vent'anni, ma dopo una decina di anni ho abbandonato tutto perché non vedevo prospettive.

Puoi raccontarci brevemente il tuo percorso artistico?

Ho sempre disegnato, fin da piccolo, ma mia madre voleva che facessi l'idraulico. Complice anche la mia insegnante di Educazione Artistica delle medie, che in un colloquio disse a mia mamma che ero totalmente inadatto per le discipline artistiche. Cosi mi iscrisse a una scuola professionale, ma andò malissimo e finalmente si arrese (mia madre, intendo). Andai in un liceo artistico per poi finire in accademia delle belle arti, anche se in realtà volevo fare la scuola del fumetto.

► Come hai esordito nel fumetto e come sei arrivato a Dylan Dog?

Ho fatto un piccolo esordio a vent'anni per la casa editrice Cut Up, ma dopo una decina di anni ho abbandonato tutto perché non vedevo prospettive e la mia vita professionale stava prendendo una piega diversa.

Sono sempre stato innamorato di Dino Battaglia, ma adoro il primissimo Mike Mignola, Enrique Breccia, Werther Dell'Edera, Ivo Milazzo, Frank Miller, Ronald Searle...

Sono passato da character designer per videogiochi a toy designer e tuttora sono art director in una azienda di telefonia. Quindi non sono un disegnatore full-time, anche se il fumetto ruba moltissime ore al mio sonno. Quasi per hobby ho incominciato a mettere qualche disegno e tavola sui social e l'accoglienza è stata ottima. Postavo soprattutto Dylan Dog e un sacco di mostri, che adoro disegnare. Bugs Comics mi contattò per una storia e da quel momento è ricominciato quel percorso che avevo interrotto, facendo diverse pubblicazioni fino a quando Roberto Recchioni mi contattò per disegnare una storia per il Color Fest.

► Quali sono gli autori cui ti ispiri maggiormente?

Sono sempre stato innamorato di Dino Battaglia, ma ce ne sono tanti altri. Adoro il primissimo Mike Mignola, Enrique Breccia, Werther Dell'Edera, Ivo Milazzo, Frank Miller, Ronald Searle...

► Qual è il tuo rapporto con Dylan, prima da lettore e poi da autore?

Domanda difficilissima. Da piccolo, quando finivo di leggere un suo albo ne volevo subito un altro, e nell'attesa infinita tra un'uscita e l'altra copiavo i disegni di Casertano e mi inventavo delle storie. Li rileggevo talmente tanto che volevo iscrivermi a "Scommettiamo che", una trasmissione molto famosa all'epoca, mostrando che riuscivo a riconoscere qualsiasi numero di Dylan Dog, dall'1 al 70, semplicemente guardando due centimetri quadrati di qualsiasi vignetta, dicendo titolo - disegnatore - sceneggiatore. Insomma ero un po' morboso: lo amavo e disegnavo solo lui.

Da piccolo, quando finivo di leggere un albo di Dylan Dog ne volevo subito un altro, e nell'attesa infinita tra un'uscita e l'altra copiavo i disegni di Casertano e mi inventavo delle storie.

Da autore posso dirvi che non ci credo ancora e ogni tanto (spessissimo, in realtà) risfoglio "Il tramonto rosso" per vedere se il mio nome c'è ancora e se tutto è successo veramente, figuriamoci con un Color Fest tutto disegnato da me...

► Le tre storie del Color sono molto diverse: possiamo immaginare che tu le abbia affrontate ciascuna in modo diverso? E in che modo la presenza del colore ha modificato il tuo approccio al disegno?

Si, le tre storie sono diversissime tra loro. Roberto mi ha sempre incentivato a non snaturarmi e mi ha permesso di approfondire il personaggio come meglio credevo, complice anche il tempo trascorso tra la stesura di un episodio e l'altro, dato che all'inizio doveva essere una sola storia e poi si è trasformato in un prodotto completo. In quei frangenti ho potuto studiare meglio segno e intenzione e soppesare il tutto per ogni storia.

La prima in ordine di lavorazione, quella di Federico Rossi Edrighi per intenderci, è stata un trauma totale. Insomma, stavo facendo quello che ho sempre desiderato fare nella mia vita, ma ero bloccassimo e ho buttato via un sacco di tavole e spaccato un sacco di matite. Oltretutto è la storia cui tengo di più, sia perché è stata la prima ma soprattutto perché con Federico c'è stato tantissimo dialogo prima della scrittura, e alla domanda su che tipo di storia mi sarebbe piaciuto disegnare, gli ho risposto che doveva avere le atmosfere di Inverary e soprattutto che parlasse di "abbandono". A parer mio ha scritto un piccolo capolavoro.

La presenza del colore ha aiutato tantissimo a creare quelle atmosfere che ho sempre immaginato.

Ad ogni modo, dopo chili e chili di carta buttata, ho smesso di pensare e mi sono lanciato.

La presenza del colore ha aiutato tantissimo a creare quelle atmosfere che ho sempre immaginato. Il dialogo con i coloristi è sempre stato costante, in primis con Francesco Segala con cui ho collaborato più volte e poi con Sergio Algozzino che mi ha fatto vedere colori interessantissimi che mi hanno lasciato senza fiato. Poi una l'ho colorata io che sono daltonico, quindi lascio giudicare a voi.

A cura di Adriano Barone

Dylan Dog Color Fest 45 "Luci e ombre", testi di Marco Nucci, Federico Rossi Edrighi e Diego Cajelli e disegni di Francesco Dossena, copertina di Francesco Dossena. Dal 10 maggio in edicola, fumetteria e nel nostro sito ufficiale.


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