Il film di Dampyr

Intervista allo scenografo Luigi Marchione

Al cinema dal 28 ottobre, Dampyr è il primo film prodotto da Bonelli Entertainment con Eagle Pictures e Brandon Box. La nostra serie di interviste esclusive si sofferma oggi sul lavoro del production designer Luigi Marchione.

06/10/2022

Venerdì 28 ottobre arriva finalmente nelle sale cinematografiche italiane Dampyr, il film che adatta per il grande schermo le avventure del personaggio creato da Mauro Boselli e Maurizio Colombo e pubblicato da oltre vent'anni da Sergio Bonelli Editore.

Primo film realizzato direttamente da Bonelli Entertainment, braccio multimediale della nostra Casa editrice, con Eagle Pictures e Brandon BoxDampyr ha visto al lavoro tantissime persone sul set e dietro le quinte. Abbiamo quindi pensato di realizzare una serie di interviste che ci accompagneranno su queste pagine fino all'uscita della pellicola, per dare una panoramica il più completa possibile del grande lavoro che c'è alle spalle di una produzione cinematografica così importante.

Questa volta abbiamo parlato della commistione tra cinema e fumetto con il production designer Luigi Marchione, che prima di Dampyr ha avuto modo di lavorare alle scenografie di importanti pellicole italiane e internazionali come "Il mestiere delle armi" di Ermanno Olmi, "Youth - Giovinezza" di Paolo Sorrentino, "Assassinio sull'Orient Express" di Kenneth Branagh e "The Mummy" con Tom Cruise.

► Visto che i nostri lettori non sono necessariamente esperti di cinema, ci spieghi a grandi linee in cosa consiste il lavoro del production designer, che in italiano viene chiamato semplicemente "scenografo"?

Il termine significa "disegnatore di produzione", ma nel suo significato letterale è difficile da collegare al ruolo odierno. All'inizio era quasi un impiegato, visualizzava quanto scritto nel copione per conto della produzione. I primi production designer venivano dalla pittura, perché all'epoca le scenografie erano dipinte; oggi, invece, si diventa sempre più specializzati in senso tecnologico.

Nel nostro lavoro la conoscenza della Storia dell'Arte e dell'Architettura è molto importante, ci permette di stravolgere e rivisitare l'ambientazione, di darle una nostra interpretazione. Ma poi è essenziale essere in grado di rappresentarla graficamente.

► Il lavoro del production design è però influenzato anche dai fumetti, giusto?

Tutte le persone che lavorano nel cinema con compiti di rappresentazione delle immagini, i cosiddetti "concept artist", hanno sul loro tavolo un libro con le illustrazioni di Frank Frazetta e uno con i lavori di Sergio Toppi, due autori che avevano un segno particolarmente intenso e a modo loro egualmente eccezionale.

Chiaramente, cinema e fumetto sono prodotti totalmente diversi, ma hanno in comune una cosa fondamentale: la sintesi. Sintesi che io cerco di portare anche nei film cui lavoro, senza troppi orpelli.

I fumetti mi sono di supporto anche nell'immaginare come inserire il personaggio in ciò che lo circonda, perché un'architettura scenica ha una sua funzione anche in base al movimento dell'attore e al colore e alla forma del costume che indossa. Anche il corpo umano, in fondo, è architettura.

► Oltre alla sintesi, in Dampyr cos'hai messo, di tuo?

L'irregolarità. La nostra bellezza è proprio il fatto di essere imperfetti, e lo è anche l'architettura. È proprio questo, che ci attrae. Una parete vuota si racconta attraverso le sue imperfezioni: un quadro che non c'è più, un chiodo che è stato tolto... È così che diventa un personaggio.

A cura di Alberto Cassani


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