COME SPESSO ACCADE NELLA STORIA SEGRETA DEL CINEMA, UN MEGA-SUCCESSO PUO’ NASCERE DA UN FALLIMENTO. Ne sa qualcosa Arthur P. Jacobs, produttore in forza alla 20th Century Fox, fatto letteralmente a pezzi nel 1967 in seguito gli scarsi risultati al botteghino del suo costosissimo progetto, Il favoloso Dottor Dolittle, diretto da Richard Fleischer, costato una barca di soldi e naufragato nella zona morta degli incassi. Ferito, eppure non ancora vinto, Jacobs si ingegna a trovare un’occasione di rivincita: gli piacerebbe mettere in cantiere un nuovo King Kong, ma, nel suo intimo, sa che la cosa è impossibile. La speranza si riaccende quando, grazie a un agente letterario, Jacobs si imbatte in un libro di Pierre Boulle, uno scrittore francese già autore de Il ponte sul fiume Kwai, ispirato alle sue memorie di prigioniero di guerra in Birmania e portato trionfalmente sugli schermi da David Lean nel 1957. Si tratta di uno strano romanzo influenzato dall’utopia in stile Jonathan Swift, e intitolato, in originale, Le Planete des Singes (1963). Se non fosse per il recente impatto avuto sulla critica e sul pubblico da 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, il produttore non degnerebbe di uno sguardo questa ennesima storiella di fantascienza, considerata un genere buono soltanto per le serate estiva nei drive-in di provincia. Ora, però, il genere è dato per vincente, e così, nella mente dell’instancabile Arthur, comincia a prender forma un nuovo progetto.