
Chi lavora nel settore dei fumetti sa che, per i disegnatori impegnati nel genere western, spesso esiste un tabù difficile da superare: la raffigurazione dei cavalli.
Chi lavora nel settore dei fumetti sa che, per i disegnatori impegnati nel genere western, spesso esiste un tabù difficile da superare: la raffigurazione dei cavalli. Ma per Aurelio Galleppini, disegnatore western “d.o.c.”, realizzatore grafico di Tex Willer, il problema non si è mai posto. Fin da piccolo, infatti, comincia ad appassionarsi al disegno ritraendo proprio dei cavalli, figure familiari nel paesaggio di Casale di Pari, il paesino fra Grosseto e Siena dove nasce, il 28 agosto 1917, e trascorre i suoi primi nove anni.
Nel 1948, invece, vedono la luce nelle edicole due diversi periodici voluti da Tea Bonelli, responsabile delle Edizioni Audace, per offrire ai lettori un segnale di rinnovamento della Casa editrice. Il primo è la Serie d’Oro Audace, collana di grande formato dai layout di pagina molto ambiziosi ed elaborati, prototipo ancora da definire di quello che diverrà il più classico “formato Bonelli”.
Il secondo fumetto avrebbe avuto lo stesso formato di un periodico già in edicola, Il Piccolo Sceriffo. Il formato, del tipo “a striscia”, rappresentava, dal lato commerciale, l’ideale per quei tempi in cui i mezzi e le materie prime, compresa la carta, scarseggiavano. Inoltre era tascabile, facile da nascondersi fra le pagine di un quaderno o di un libro: vantaggio da non sottovalutare nella temperie di “proibizionismo culturale” di quel periodo, in cui il fumetto era visto alla stregua di un veicolo di corruzione dei ragazzi o, quantomeno, come il prodotto di una sottocultura che privava di ogni stimolo e modello di “bello scrivere” e che, rappresentando visivamente ciò che la parola scritta costringe a immaginare, rendeva pigra la fantasia.

Le vignette di Tex sono essenziali, chiare, più basate sull’azione che sulla spettacolarità dei particolari. La tensione emotiva trasmessa dal disegnatore sostituisce con efficacia il suo impegno nella ricerca della perfezione.
La Serie d’Oro Audace introduce un eroe portavoce del genere cappa e spada, chiamato Occhio Cupo. L’Audace destina le maggiori attenzioni e le speranze di successo proprio a Occhio Cupo, realizzato con cura e maestria fuori dal comune da Galep, mentre la serie western che debutta in edicola pressoché in contemporanea, Tex, è meno curata nei particolari, più sbrigativa nello studio delle inquadrature e nel disegno. Non è un mistero che Galleppini, disegnatore a tempo pieno, per tener fede alle scadenze di consegna riservi alle storie di Tex le ore della sera e della notte, dopo che Occhio Cupo lo ha impegnato nel corso della giornata.
Purtroppo, Occhio Cupo non ottiene l’effetto desiderato: troppo sofisticato per il pubblico italiano del 1948, probabilmente anche troppo costoso per decollare commercialmente, l’albo sembra rivolgersi a una esigua élite. Ai ragazzi del dopoguerra quelle vignette sontuose, ricche di dettagli, complesse, devono apparire datate o troppo difficili.
Quelle di Tex, al contrario, sono essenziali, chiare, più basate sull’azione che sulla spettacolarità dei particolari. La tensione emotiva trasmessa con Tex dal disegnatore sostituisce con efficacia il suo impegno nella ricerca della perfezione. Così, per forza di cose, accade che Occhio Cupo scompaia dopo sei uscite.
Al contrario, benché le sue avventure si svolgano preferibilmente nelle aride praterie, è Tex a navigare con il vento in poppa. Fa ben sperare la sua media di settantamila copie vendute per albo. Benché il suo vero successo sia ancora lontano, Tea Bonelli lo intuisce e lo agevola. Con lungimiranza, chiude la Serie d’Oro Audace al dodicesimo numero, nel maggio 1949 e, a un anno dall’avvio del progetto, riserva la maggiore fiducia alla Collana del Tex (così chiamata, con l’articolo davanti al nome, come si usa a Milano).
A cura di Luca Boschi
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