SUONA LA TROMBA DELL’ADUNATA: IL SERGENTE O’HARA, CON I CAPELLI A SPAZZOLA DA MILITARE STAGIONATO, appare sulla destra. Vicino a lui, il piccolo caporale Rusty con il suo pastore alsaziano, Rin Tin Tin; quindi il tenente Ripley “Rip” Masters, nella divisa blu dei ragazzi di Fort Apache. Quando la tromba smette di suonare, comincia il nuovo episodio: gli indiani hanno sconfinato? Un bandito si è infiltrato nella riserva? Una freccia misteriosa ha fatto volare un messaggio di morte? Le possibilità sono tante quanto è vasta la prateria che si perde oltre la palizzata del forte. Per i ragazzi degli anni Cinquanta e Sessanta, i primi affascinati (ma non soggiogati) dalla televisione, Le avventure di Rin Tin Tin erano un appuntamento imperdibile. E poco importava chiedersi se il Fort Apache dei telefilm fosse quello storico, costruito in Arizona a partire dal 1870 (il vecchio Camp Ord, ribattezzato con il nome attuale nel 1879), oppure un avamposto mitico nel cuore del West. Per una volta, “mitico” non è un aggettivo sprecato perché allude alla tipicità e contemporaneamente alla natura simbolica del forte: luogo di resistenza contro il pericolo del paese selvaggio, cittadella assediata dell’uomo nel deserto che è venuto a conquistare.