di Luca Barbieri

Ventiquattro milioni.

È il numero di abitanti di Shanghai, il che la colloca in cima alla speciale classifica delle città più popolose del mondo. Non Pechino né Tokio, ma Shanghai. Ventiquattro milioni: un vero formicaio umano, qualcosa che noi europei fatichiamo a comprendere, il che è un paradosso considerando il fatto che Shanghai, tra le metropoli cinesi (Hong Kong esclusa, va da sé: troppo particolare la sua storia), è stata la più “europea”. Nel senso di più cosmopolita, più vivace, attraversata da ventate di idee moderne alle quali il resto della nazione-continente cinese rimaneva, invece, placidamente indifferente.

A lei si è spesso alluso come alla “Parigi d’Oriente”: non è un caso se, nel giugno del 1921, in una scuola femminile, peraltro proprio francese, si tenne la prima riunione del neocostituito Partito Comunista Cinese; tra i partecipanti c’era un giovane studente destinato a far parlare di sé: Mao Zedong.

Motore di questa vocazione internazionale della città è il suo porto, straordinaria via per i traffici di un Paese immenso che, nel Diciannovesimo secolo, aveva attirato il poco benevolo occhio delle grandi nazioni europee e degli Stati Uniti.

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In apertura: illustrazione di Attilio Micheluzzi.