Si capiva che lo sceneggiatore doveva essere un grande viaggiatore, ma anche dotato di grande cultura e grande capacità di affabulazione.

Da bambino e da ragazzo leggevo le storie di Guido Nolitta e le trovavo bellissime. Non soltanto emozionanti e divertenti, ma anche insolite e ben documentate. Si capiva che lo sceneggiatore doveva essere un grande viaggiatore, ma anche dotato di grande cultura e grande capacità di affabulazione. Mi chiedevo che aspetto potesse avere, dove vivesse, di quanti volumi constasse la sua biblioteca. Gli invidiavo la straordinaria capacità di inventare storie e personaggi. Mi dicevo che avrei tanto voluto essere come lui, fare il suo mestiere.

Già, ma chi era Guido Nolitta? Perché non gli si affidava una rubrica in cui intrattenere i lettori parlando di sé, delle sue letture, dei suoi viaggi? La mia curiosità crebbe a dismisura quando, nel 1975, uscì il primo numero di una serie dedicata a un altro suo personaggio. «Se ti piace Zagor, ti piacerà anche Mister No!», diceva uno slogan coniato per pubblicizzare, sulle pagine dello Spirito con la Scure, la nuova collana. Ed era vero: mi piacque anche Mister No. Peraltro, il numero uno era pure disegnato da Gallieno Ferri, autore poi di tutte le copertine (ne avrebbe disegnate oltre cento). 

Proprio su un numero di Mister No del 1983 comparve, inaspettatamente, un annuncio del direttore, Sergio Bonelli, che diceva più o meno così: «Sul n° 15 della fanzine “La Striscia” compare una intervista allo sceneggiatore Guido Nolitta, in cui l’autore rivela il suo vero nome». Come, mi chiesi, rivela il suo vero nome? Dunque non si chiama così? E come si chiama? Bonelli indicava anche un indirizzo di Reggio Calabria dove scrivere, a un certo Stefano Mercuri, per richiedere una copia della rivista.

Scrissi subito una lettera a Sergio Bonelli, esprimendo tutta la mia ammirazione per il suo lavoro. Non passarono quindici giorni che mi giunse la sua risposta.

Non sapevo, all’epoca, che di Mercuri sarei diventato grande amico e anche occasionale collaboratore. Ma soprattutto non sapevo che cosa era una fanzine. Scrissi, e dopo aver fatto un vaglia postale (non c’era Paypal, in quegli anni) di duemila lire, ricevetti il fatidico numero di “La Striscia”. Non potete immaginare la mia sorpresa e la mia emozione nell’apprendere, nell’intervista a Nolitta che effettivamente vi era pubblicata, che sotto quel nome de plume si nascondeva l’editore stesso di Zagor e Mister No, appunto Sergio Bonelli. Sergio aveva deciso di firmarsi con uno pseudonimo per non farsi confondere con un altro Bonelli autore di fumetti, vale a dire il celebre Giovanni Luigi, suo padre, creatore di Tex.

Scrissi subito una lettera a Sergio Bonelli, esprimendo tutta la mia ammirazione per il suo lavoro. Non passarono quindici giorni che mi giunse la sua risposta. Mi ringraziava per le belle parole e così mi descriveva la sua attività di autore di fumetti: «Mi sono quasi sempre impegnato nella sceneggiatura con grande divertimento personale e con grande rispetto verso coloro che avrebbero in seguito letto le mie storie, nelle quali riversavo non soltanto il frutto della enorme documentazione che avevo raccolto in tutti i paesi del mondo, ma anche le sensazioni delle mie esperienze di viaggiatore curioso e, tutto sommato, anche abbastanza avventuroso».

A Sergio deve essere piaciuta la reazione del pubblico alla rivelazione della vera identità di Guido Nolitta, tant’è vero che da quel momento in poi si è concesso senza più alcuna remora alle interviste e agli incontri con il pubblico. Di lì a poco, infatti, un’altra intervista compariva su un’altra fanzine, “Popular Press”, che immediatamente mi procurai.

Sergio, come poi capii in seguito, aveva un sesto senso rabdomantico per individuare il “lettore tipo” da cui ricavare indicazioni sui gusti e sugli umori del suo pubblico.

Siccome non mi scoraggiava (anzi, mi rispondeva sempre non con lettere di circostanza, le cosiddette “circolari”, ma entrando nel merito delle mie osservazioni e critiche) cominciai con lui una vera e propria corrispondenza epistolare. Sergio, come poi capii in seguito, aveva un sesto senso rabdomantico per individuare il “lettore tipo” da cui ricavare indicazioni sui gusti e sugli umori del suo pubblico, e probabilmente trovò in me (così come avrà fatto con altri) un “consulente” sulla qualità dei fumetti che pubblicava. In ogni caso, doveva trovare almeno un po’ interessante quel che gli scrivevo, perché a un certo punto smise di scrivermi per cominciare a telefonarmi.

Ricordo ancora la volta in cui ero appena tornato da scuola, suonò il telefono, mia madre andò a rispondere e mi chiamò: «C’è un certo Sergio Bonelli che chiede di te». Pensai a uno scherzo, invece era vero. «Faccio prima a telefonarti invece che risponderti per lettera», mi disse la voce all’altro capo del filo. Che emozione!

Fu per telefono che Sergio, addirittura, mi anticipò il ritorno di Supermike in una storia scritta da Alfredo Castelli. Il che data il nostro primo contatto telefonico tra la fine del 1983 e l’inizio del 1984. Adesso, dopo quarant’anni, sto scrivendo il sequel di quella storia. Chi l’avrebbe mai detto?

Moreno Burattini


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