INTERROGATO SULLA FILOSOFIA DELLA MUSICA, DUKE ELLINGTON SOLEVA RISPONDERE: “MI PIACCIONO I BEI LACRIMONI DI UNA VOLTA”, e anche Sergio Bonelli era fatto così. Amava le ballads, i motivi sentimentali. Qualcuno ha definito il sentimento un’emozione a buon mercato, ma questo non vale per il jazz. Nel jazz le emozioni bisogna guadagnarsele perché è difficile suonare il sassofono con tenerezza, continuare a tenere il ritmo e insieme strappare lacrime dal cuore. Sono emozioni che si pagano di persona: chi conosce la storia della musica sa cosa vuol dire. Se ascoltiamo Ben Webster suonare un blues o In a Sentimental Mood, capiamo come la nozione di sentimento non c’entri nulla. Lui non era mai stucchevole perché, per quanto suonasse dolcemente, il ruggito era sempre in agguato. Ecco, quando Sergio Bonelli/Guido Nolitta scriveva le storie di Mister No, spesso riusciva a essere “sentimentale”, a trasmettere quello stesso tipo di sensazioni che si provano ascoltando uno dei vecchi, immortali standard di jazz come Body and Soul.