Uno dei lati del suo carattere che colpiva di più era la grande modestia. Sergio Toppi sapeva bene, e non soltanto per esserselo sentito ripetere dai tanti colleghi di caratura internazionale che lo adoravano, di essere un grande Maestro del Fumetto.

Certamente era orgoglioso, in cuor suo, di constatare che la qualità dei suoi lavori, compresi quelli meno significativi, era sempre considerata molto alta. E tuttavia non dimenticava mai, il creatore del Collezionista, il traduttore in immagini della saga di Sharaz-De, il primo disegnatore coinvolto nella prestigiosa collana Un Uomo un’Avventura, di essere soprattutto un artigiano. Quasi mostrava fastidio quando lo definivano “artista”, tenendo ben presente il percorso complesso della sua carriera, durante il quale aveva fatto un po’ di tutto, in base alle esigenze della committenza sempre diverse. Si era anche “sporcato le mani” a lungo, Sergio Toppi, ma, da buon artigiano, non aveva disdegnato di cimentarsi in quella che qualcuno avrebbe chiamato “arte applicata”.

Dietro le grandi illustrazioni dove finalmente poteva esprimere in libertà la sua poesia grafica, c’erano state le pubblicità, le animazioni per Carosello, le barzellette per Epoca, le “schede” illustrate per le ricerche degli scolari, i lavori giovanili per Topolino, i libri con Calimero, il pulcino nero. E i “parafumetti” dove le didascalie in prosa supplivano alle nuvolette, mettendo in scena il personaggio televisivo del Mago Zurlì, impersonato per una Rai ancora in bianco e nero da Cino Tortorella. Insomma, Toppi sapeva di venire dalla gavetta, come del resto i suoi colleghi formatisi negli anni del Pre-boom, da Dino Battaglia ad Alarico Gattia, da Leone Frollo ad Aldo Di Gennaro.