Il 23 giugno arriva in edicola, fumetteria e nel nostro Shop online “Il guerriero della polvere“, il secondo numero della miniserie Nathan Never: Generazioni, creata da Antonio Serra. Sceneggiato da Giovanni Eccher e disegnato da Silvia Corbetta e Mariano De Biase, l’albo ha una fonte d’ispirazione particolarmente evidente. O forse no. Leggete qui sotto la presentazione dello stesso Antonio Serra, e ne saprete di più!
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POCHE PAROLE DI INTRODUZIONE

L’ambientazione post-apocalittica è una delle più caratteristiche della fantascienza degli anni 60 e 70.
Cari lettori, eccoci arrivati alla seconda puntata di questa “rubrica” dedicata alle fonti di riferimento utilizzate per realizzare gli albi della miniserie Nathan Never Generazioni. Siamo ormai alle soglie dell’uscita dell’albo numero due, ma prima di cominciare, vorrei ripresentarvi – pari pari – la parole già scritte il mese scorso: nessuno di noi autori (sceneggiatori e disegnatori) pensa di potersi confrontare con i Maestri del fumetto di cui parleremo da qui in poi. Il nostro è un omaggio, un modo per dichiarare la nostra passione nei confronti di una forma espressiva alla quale abbiamo dedicato le nostre vite. Siamo coscienti dei nostri limiti e il nostro solo scopo è di “incontrare”, attraverso questi albi, altri appassionati come noi (i lettori) con i quali condividere le emozioni che i fumetti ci hanno fatto vivere in passato e ci faranno vivere in futuro. Detto questo… pronti? Si parte…
IL GUERRIERO DELLA POLVERE
L’ambientazione post-apocalittica (anche definita “dopobomba”… ma vedremo che non sempre è la bomba atomica la causa della catastrofe) è una delle più caratteristiche della fantascienza degli anni 60 e 70. Le ansie provocate dalla “Guerra Fredda” tra Russia e Stati Uniti sfociarono nella quasi sicurezza che l’umanità si sarebbe autodistrutta ma che, sopravvissuta alla sua stessa follia, avrebbe poi trovato una nuova strada. Infiniti i romanzi, i film e i telefilm realizzati al riguardo. Ma, come abbiamo già detto, la nostra attenzione si incentrerà esclusivamente sui fumetti, e soprattutto su quelli che mi hanno “formato” come autore e mi hanno indirizzato nell’immaginare il mondo di Nathan Never.
Impossibile, quindi, non citare uno dei più grandi classici del genere: L’Eternauta (1957) di Héctor Oesterheld e Francisco Solano López. Accenno soltanto alla tragedia che colpì lo sceneggiatore (vittima, nel 1977, del regime dittatoriale del suo paese, l’Argentina) e diremo che qui la fine della civiltà come la conosciamo è colpa di una spietata invasione aliena. Se non sapete di cosa sto parlando, beh, come già detto l’altra volta, fatevi una bella ricerca sulla rete, procuratevi questo capolavoro (costantemente ristampato) e immergetevi nel suo mondo dove la sopravvivenza è tutto. E rendete omaggio al coraggio di Oesterheld.

Ancora, non posso dimenticare Dopo il grande splendore, una serie scritta da Carlos Trillo e disegnata da Horacio Altuna, realizzata a partire dal 1982 in Spagna e poi riproposta in Argentina, paese d’origine dei due autori. Qui la “bomba” non ha distrutto le città e l’ambiente, ma solo gli esseri umani adulti. In un mondo dominato dai bambini, raggiungere la pubertà significa morte. Più difficile da recuperare, ma certamente affascinante.
Kamandi (1972) di Jack Kirby narra di un mondo sconvolto da un non meglio identificato “Grande Disastro”. A causa di questo sconvolgimento molti animali sono diventati senzienti e gli uomini sono ridotti a una minoranza in via d’estinzione. Immaginifico e creativo come solo le opere di Kirby possono essere, Kamandi è stato a lungo “primo in classifica” per diventare il fumetto di riferimento per il secondo albo della miniserie di Nathan Never. Ma le cose, alla fine, sono andate diversamente…
È infatti evidente che il nuovo albo di Generazioni trae la sua principale ispirazione dai manga giapponesi. Anche qui, impossibile non segnalare Violence Jack (1973) di Go Nagai. La distruzione del Giappone (e quindi di tutto il mondo che interessa l’autore) è provocata da un immane terremoto. Il ricordo, all’epoca, era al Grande Terremoto del Kanto, avvenuto nel 1923, una catastrofe dalle proporzioni incredibili, al cui confronto gli eventi sconvolgenti che abbiamo vissuto in diretta durante il terremoto e maremoto del Tōhoku del 2011 appaiono poca cosa. Anche nel fumetto di Nagai la sfida per la sopravvivenza è l’argomento primario, supportato da un approccio spaventosamente violento e “realistico” alla situazione.

Sulla stessa linea si pone Ken il guerriero (1983) di Buronson e Tetsuo Hara. Successo planetario di proporzioni straordinarie, ispiratore di decine di serie televisive e film, vede il mondo distrutto (finalmente!) dalla guerra atomica. In realtà i presupposti narrativi sono una scusa per narrare in migliaia e migliaia di tavole fittamente disegnate una sorprendente soap-opera dove lo scontro epocale tra diverse scuole di arti marziali si manifesta in continui duelli tra esseri dotati di poteri quasi soprannaturali.
Ma tra i riferimenti di questo numero così ricco di memorie e citazioni, ce n’è uno che non ha a che fare con il “dopobomba”. Parlo, inevitabilmente, di un altro classico della tradizione fumettistica giapponese, ovvero Lone Wolf & Cub (1970) di Kazuo Koike e Goseki Kojima. Il samurai Ittō Ogami, in cerca di vendetta per una ingiusta accusa, attraversa un Giappone feudale violento e senza legge, spingendo inesorabilmente avanti la carrozzina con dentro il suo piccolo figlioletto Daigoro. Splendido esempio di narrazione per immagini, questo gioiello anch’esso più volte ristampato, è stato la fonte di ispirazione di un altro fumetto “fondativo” dell’universo di Nathan Never: Ronin (1983) di Frank Miller.
UN RICORDO

Tra i riferimenti di questo numero così ricco di memorie e citazioni, ce n’è uno che non ha a che fare con il “dopobomba”: Lone Wolf & Cub di Kazuo Koike e Goseki Kojima.
Che anno era? Direi più o meno il 1984. Era la mia prima Lucca? Chissà, forse anche la seconda… Sono in hotel, e devo andare ad ascoltare la conferenza di Frank Miller, prevista al teatro del Giglio. Miller è un nome noto solo agli appassionati, ma chi ha seguito il suo lavoro comprando le edizioni statunitensi di Daredevil sa di avere davanti un talento che saprà dire la sua. Entro in ascensore e dentro l’ascensore c’è un uomo alto, dal naso importante, che porta sotto braccio la collezione completa di tutti i sei albi di Ronin, appena completata. Scatta l’invidia! L’albo numero sei non ce l’ho ancora, e vorrei davvero sapere come va a finire la storia! Io e l’uomo usciamo dall’ascensore, ci incamminiamo, e a un certo punto è evidente che stiamo andando nella stessa direzione, anzi, tutti e due entriamo nel teatro. Io mi siedo in sala (sono praticamente solo: quanti eravamo… quattro? Cinque?), l’uomo con gli albi sottobraccio sale sul podio e comincia a parlare. È lui, Frank Miller! Dato che siamo in pochissimi, si rivolge a noi direttamente, azzardo anche qualche domanda. Lui, gentilissimo, mostra delle diapositive. E ci fa vedere tavole di Kojima, che hanno ispirato le scene di combattimento nel suo fumetto, tavole di Hugo Pratt, che ne hanno ispirato la sintesi grafica e il montaggio e così via. Una lezione di passione e di umiltà che ancora oggi mi guida. E che spero possa appassionare anche voi! Al mese prossimo!
A cura di Antonio Serra
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