A ogni Uomo la sua giusta Avventura: si potrebbe riassumere così il senso della collana inaugurata da Sergio Bonelli e da Decio Canzio nel novembre 1976. “Giusta” nel senso di adeguata, appropriata, perché un uomo può vivere centinaia di avventure, ma soltanto un uomo fortunato riesce a vivere quella preparatagli con meticolosità dal destino e capace di cambiargli la vita.
L’avventura raccontata ne L’Uomo delle Paludi è, in effetti, tagliata su misura per il suo protagonista, un personaggio dalle molte identità che, in definitiva, non ne ha nessuna: “Canaan Smith, schiavo, Erastus Whiteman, finto bianco, Colui-Che-Vive-Solo-All’ombra-Del-Padrone, prigioniero, e ora solamente uomo libero”. Quattro status diversi per una
sola anima in cerca di se stessa. Sergio Toppi racconta l’amara vicenda di un nero dalla pelle bianca, una curiosa e rarissima anomalia genetica, riuscito a fuggire dalla piantagione Curry, in Georgia, e rifugiatosi, come molti altri schiavi, in Florida.
La differenza, non di poco conto, è che, mentre tutti gli altri “maroons” (questo il nome con il quale ci si riferiva agli schiavi fuggiaschi) avevano l’unica scelta di nascondersi tra gli smisurati acquitrini delle Everglades e unirsi ai Seminole, Canaan Smith ha, invece, la possibilità di sfruttare l’equivoco generato dalla sua pelle chiara e di arruolarsi nell’esercito, dove le sue capacità gli consentono una rapida carriera da sottufficiale, fino a diventare sergente.