IL CIELO SOPRA IL PORTO AVEVA IL COLORE DELLA TELEVISIONE SINTONIZZATA SU UN CANALE MORTO”. Inizia così, con un’osservazione meteorologica tinta di malinconia noir, uno dei romanzi che hanno aperto alla fantascienza – e non solo – nuovi orizzonti, prospettive inaspettate e inquietanti squarci di futuro che, prima di allora, erano stati più volte intuiti, sfiorati o “sognati”, ma mai esplorati fino in fondo. Oggi il mondo dipinto dal Neuromante (1984) di William Gibson – perché è di questo che stiamo parlando – sembra già superato, archiviato tra le memorie di quel movimento letterario, il cosiddetto Cyberpunk, che, per quanto continui a produrre esperimenti narrativi di vario genere, sembra ormai una cosa d’altri tempi… Eppure, proprio qui sta la grande vittoria di Gibson, il “trionfo postumo” del suo capolavoro: nell’aver mostrato anche e soprattutto il parossismo di una civiltà globale che brucia il tempo con frenesia nevrotica, consuma eventi e persone, trasformazioni storiche e rivoluzioni tecnologiche alla velocità della luce,lasciando dietro di sé una memoria pallida e sfilacciata, la carta di un chewingum gettata distrattamente sul marciapiede…