Anche in questo genere, Sergio Bonelli amava gli sconfitti. Per lui, ogni guerra non ha mai avuto nulla di eroico, ma somiglia a un grande macello di esseri umani, spinti alla morte da superiori incapaci o desiderosi soltanto della dannata decorazione al valor militare (altrui, naturalmente).

Kirk Douglas in
Kirk Douglas in Orizzonti di Gloria.

Lo dimostrano i suoi titoli del cuore: I forzati della gloria (1945) di William A. Wellman; Prima linea (Attack!) (1956) e Non è più tempo di eroi (1970), entrambi firmati da Robert Aldrich; Orizzonti di gloria (1957) di Stanley Kubrick; La croce di ferro (1977) dell’amato Sam Peckinpah, veri e proprio pugni nello stomaco in grado di mettere k.o. qualsiasi guerrafondaio.

E poi c’erano i film dedicati agli antieroi della Legione Straniera: Beau Geste (1939) di William A. Wellman, La Bandera – Marcia o muori (1977) di Dick Richards e I dieci della legione (1951) di Willis Goldbeck. Anche la guerra Anglo-Zulu in Sudafrica lo affascinava, per merito di colossal come Zulu (1964) di Cy Endfield, ricostruzione quasi giornalistica dell’assedio di Rorke’s Drift, dove centocinquanta soldati inglesi tennero testa a un accerchiamento messo in atto da cinquemila guerrieri Zulu, seguìto da Zulu Dawn (1979) di Douglas Hickox, scritto dallo stesso Cy Endfield, in cui viene narrata la sonora sconfitta subìta dai soldati di Sua Maestà Britannica nella battaglia di Isandlwana, combattuta nel 1879.