SERGIO BONELLI E IO CI SIAMO CONOSCIUTI IN UNA SALA CINEMATOGRAFICA, GRAZIE A UN AMICO COMUNE, Stefano Marzorati.
Il film proiettato era Il serpente e l’arcobaleno (1988) di Wes Craven, tratto dal libro dell’antropologo Wade Davis che dava risposte scientifiche ad alcuni prodigi voodoo, in particolar modo la zombificazione di esseri umani. Ci piacque molto, soprattutto per alcune scene quasi semi-documentaristiche che ritraevano varie cerimonie “magiche” che Bonelli, da vero esperto in materia, aveva molto gradito per la loro verosimiglianza. Da allora in poi, tra me e Sergio nacque un rapporto amichevole e professionale che mi portò a scrivere recensioni e monografie per la Collana Almanacchi, oltre a soggetti e sceneggiature per varie serie a fumetti (compresi i suoi Mister No e Zagor). Ogni volta che ci si incontrava nei corridoi della redazione, l’argomento di conversazione tra noi due era sempre lo stesso: il cinema e i suoi generi. Soprattutto quando tornava da uno dei suoi viaggi in Inghilterra o in Francia, Sergio si divertiva perfidamente a parlarmi di titoli che, nel nostro Paese, non erano ancora usciti, suscitando la mia invidia e anche il mio imbarazzo per non poter essere in grado di sostenere la conversazione.