«Perché non scriviamo assieme una geografia del mondo del sogno?». È da quando me lo dicesti, Alfredo, che ogni notte traccio mappe, prendo note, scatto foto mentali e rivisito vecchi sogni passati per studiarne la topografia sempre mutevole. Anche stamattina mi sono svegliato da una gita in un singolare villaggio onirico, pensando che di quel posto, senz’altro, ti avrei dovuto parlare. E solo al risveglio mi sono reso conto che non ci sei più.

Alfredo Castelli non c’è più. È così strano. Perché, da quando sono alla Bonelli, lui c’è sempre stato. Perché pensavo che ci sarebbe stato sempre. Perché quando, nel 1982, misi piede per la prima volta nell’ufficio di Decio Canzio alla Bonelli lui era lì, con Sergio e Decio, a guardare le copie di avviamento del numero uno di Martin Mystère e chiese, a me, uno sconosciuto, un parere. Perché quando, due anni dopo, entrai ufficialmente in Casa editrice come redattore, fui messo in uno stanzino a scrivere una Posta Mysteriosa e poi lui, quel primo giorno, mi portò prima a pranzo con Silver e dopo a casa sua, che già era strapiena di libri allora, in ogni andito e fessura, con mille ingegnose trovate per farcene stare sempre di più. E poi perché lui era Alfredo Castelli, che era entrato nel mondo del fumetto quando aveva i calzoni corti, fino a trasformarsi nel saggio e canuto Buon Vecchio Zio Alfie, vulcanico, dispersivo, inesauribile, prodigo di storielle e disegnini comici che comparivano in tutti gli angoli della Redazione, e di cui tutti, a turno eravamo gli strampalati protagonisti (Che bufo! Che bufo!).

E pensavo che, se fossi passato ancora una volta di volata davanti al suo ufficio avrei sentito la sua voce che mi chiamava e che mi avrebbe attaccato bottone per raccontarmi una delle innumerevoli bizzarrie e curiosità di cui faceva collezione e che io, pur se trafelato e di fretta, mi sarei dimenticato del lavoro per ascoltarlo incantato e con un ebete sorriso divertito sul volto.

Sì, il lavoro era un gioco, per Alfredo, a volte per la disperazione del suo grande amico Sergio Bonelli, dato che, più che alle pagine di sceneggiatura, lui dedicava le giornate a mille appassionanti distrazioni e procrastinava gli impegni come Martin Mystère nella storia di Mister Jinx. Ancora negli ultimi tempi, piuttosto che impegnarsi nel lavoro vero e proprio preferiva realizzare gli adorabili e comici video di presentazione sul sito Bonelli, veri capolavori in miniatura. D’altronde, se non avesse fatto così, come avrebbe potuto essere il coltissimo Alfredo, immenso conoscitore della storia dei Comics, divulgatore di improbabili gadget avveniristici e di deliziose stupidaggini, il Giambattista Marino del fumetto italiano?

L’ultima volta che l’ho visto, nel letto di ospedale, era sempre lui, logorroico, divertente, inesauribile, straripante di battute, interessi, idee, cose da fare, articoli da scrivere, pacchi di libri da aprire che lo aspettavano a casa. Mi ha suggerito persino l’idea per un soggetto. «E’ in quel libro lunghissimo di Casanova», mi ha detto, «ma non ricordo il titolo.» «L’Icosameron», ho detto io. Lui si è illuminato in volto e io mi sono sentito come quel giorno di quarant’anni prima, quando gareggiando infantilmente in citazioni cercavo di non sfigurare e di riscuotere l’approvazione del già mitico Castelli. Gli ho promesso che ne avrei cavato qualcosa. E pensando a Casanova, aveva poi espresso con stupore la sua ammirazione mista a invidia per gli autori fluviali alla Dumas, Balzac, Verne. «Ma sono proprio come te!», gli avevo detto ridendo. In quell’occasione mi aveva chiesto di portargli un albo con una dedica (non era mai successo!) e io avevo scritto: «Al solo e unico Alfie (Castelli, non Michael Caine!)».

Glielo devo, scriverò quella storia. In quanto al nostro libro sulla geografia onirica, i miei appunti glieli ho lasciati tutti di là, nel mondo dei sogni. Se li ha recuperati, non ho dubbi che Alfredo abbia già iniziato a scriverlo.

Mauro Boselli

La fotografia di Alfredo Castelli è stata scattata da Alex Dante, il ritratto di Giambattista Marino è opera di Frans Pourbus Il Giovane.


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