Venerdì 28 ottobre è finalmente approdato nelle sale cinematografiche italiane Dampyr, il film che adatta per il grande schermo le avventure del personaggio creato da Mauro Boselli e Maurizio Colombo e pubblicato da oltre vent’anni da Sergio Bonelli Editore.

Primo film realizzato da Bonelli Entertainment, braccio multimediale della nostra Casa editrice, con Eagle Pictures e Brandon BoxDampyr ha visto al lavoro tantissimi professionisti. Abbiamo quindi realizzato una serie di interviste per darvi una panoramica il più completa possibile del grande lavoro che c’è alle spalle di una produzione cinematografica così importante.

L’ospite di oggi è il regista del film, Riccardo Chemello, che fa qui il suo debutto nel lungometraggio narrativo. Nonostante i tanti impegni di questi giorni, ha trovato il tempo di raccontarci come ha vissuto questo suo esordio.

Le foto a corredo dell’articolo sono di Gianfilippo De Rossi.

► Dampyr è il tuo primo lungometraggio a soggetto. Vuoi raccontare cos’avevi fatto, prima?

Io vengo dai video di parkour, e più in generale dai video di sport freestyle. Io stesso ero un atleta di parkour, ma un brutto infortunio che mi ha portato a spostare tutte le mie energie dietro la videocamera. Da lì è partito il mio viaggio da videomaker, che è stato al tempo stesso una scuola di cinema e di vita.

Alcuni produttori di Milano mi hanno dato la possibilità di portare la mia visione nella produzione di spot pubblicitari, creando così una transizione tra la passione e il mestiere. Questa gavetta mi ha permesso di imparare a gestire le persone e il budget, di capire cosa e quanto delegare, perché nei video di parkour eravamo solo io e pochissime altre persone.

Questa mia crescita è stata notata anche dai produttori cinematografici, come Andrea Sgaravatti che nel 2018 mi ha proposto il progetto di Dampyr. Progetto di cui mi sono innamorato a prima vista e che ho sposato subito.

► E una volta dentro questo progetto, cos’hai portato di tuo?

Dampyr è un fumetto di cui le ambientazioni sono il cuore pulsante, e la cosa per me più interessante nella realizzazione del film è stata proprio la creazione del “setting”.

Io ho passato la vita a cercare location e creare atmosfere, perché ho sempre cercato di immergere gli attori nel mondo che stavamo raccontando, non abbandonandoli davanti a un blue screen nemmeno nelle sequenze più dinamiche.

► Qual è stato, invece, lo scarto più grande che hai trovato, passando da video sportivi e spot pubblicitari a un film come Dampyr?

La durata del lavoro. Anche l’ambizione, ma soprattutto la durata: è tutto moltiplicato per cento, è tutto più impegnativo. Soprattutto, in un prodotto narrativo la fase di post-produzione, di montaggio, è completamente differente da quella di un prodotto commerciale.

In più, Dampyr è il mio “progetto 0” nel mondo del cinema, è anche un po’ una scuola, e penso lo sia stata per tutti noi. Ci siamo sentiti pionieri in territorio sconosciuto: ci guardavamo intorno e non c’era nessuno che potesse spiegarci come fare le cose, perché in Italia non c’è un’industria che produce blockbuster da cinquant’anni. È stato sicuramente un percorso formativo.

A cura di Alberto Cassani

A questo link trovate le precedenti interviste alla troupe e alla produzione di Dampyr il Film.


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