Dopo “Sally” è il momento di “Albachiara“. Seconda delle tre storie di Dylan Dog ispirate dalle canzoni di Vasco Rossi, “Albachiara” affonda l’inquilino di Craven Road nell’incubo soffocante e straniante della vita di una ragazza inseguita dagli sguardi insistenti e invadenti di chi le vuole bene e di chi le vuole male, di chi la idealizza e di chi la detesta…

Come quello che l’ha preceduto e quello che lo seguirà, anche questo albo presenta 16 pagine extra con un’intervista esclusiva a Vasco, il testo della canzone cui si ispira l’episodio e un’intervista al disegnatore Sergio Gerasi. Qui, invece, vi presentiamo le risposte che la sceneggiatrice Gabriella Contu ha dato ad alcune nostre domande e una gif animata che presenta il lavoro fatto da Gigi Cavenago per creare la copertina dell’albo.

Buona lettura!

Vasco è stato la colonna sonora della mia adolescenza. Lo conoscevo da sempre, ma fu nell’estate tra la terza media e la prima superiore che scoppiò la passione.

► Qual è il tuo rapporto con Vasco?

Vasco è stato la colonna sonora della mia adolescenza. Lo conoscevo da sempre, ma fu nell’estate tra la terza media e la prima superiore che scoppiò la passione. Frequentavo un gruppo di amiche e amici che ne erano fan sfegatati, insieme passavamo i pomeriggi girando tra i parchetti della città, provando tutti i tipi di sigarette presenti sul mercato e consumando i suoi nastri. Continuo ad ascoltarlo con grande piacere, ma per me resta fortemente legato a quella sensazione di spensieratezza e libertà, quando i guai veri devono ancora cominciare…

► La tua canzone preferita (oltre quella che hai usato per la storia, ovviamente)?

“Fegato spappolato”. Non so perché; probabilmente ne ha scritte di migliori, ma a quella sono affezionata più che a qualunque altra. È ironica, sfrontata… due qualità che di Vasco ho sempre tanto apprezzato.

► Come ti sei trovata a coniugare la poetica di Tiziano Sclavi e del suo personaggio, con quella di Vasco e le protagoniste delle sue canzoni?

Tutti viviamo con una specie di velo davanti agli occhi, che ci impedisce di vedere chiaramente le nostre vite. Poi ci sono autori come Sclavi e Vasco, che quel velo sono riusciti a strapparlo via.

Vorrei poterti dire che è stato esaltante. In realtà, più che altro, è stato terrorizzante. Un onore, senza dubbio, ma anche un’impresa piena di ostacoli. Perché Dylan è un personaggio con un suo mondo e una sua poetica, che pongono vincoli precisi. E, allo stesso tempo, la canzone di Vasco con cui mi sono confrontata è qualcosa che appartiene al mito, una suggestione, un’immagine che ognuno di noi ha costruito nella propria mente a modo suo. Bisognava trovare un punto di fusione, senza tradire né Alba né Dylan. Speriamo di esserci riusciti!

► Secondo te, come mai tanto la musica di Vasco Rossi, quanto l’opera di Sclavi, continuano a intercettare il sentire di così tante persone, rinnovandosi generazione dopo generazione?

Penso che tutti noi viviamo con una specie di velo davanti agli occhi, che ci impedisce di vedere chiaramente le nostre vite… la famiglia, la città, i rapporti personali e quelli sociali.

Poi ci sono autori come Sclavi e Vasco, che quel velo sono riusciti a strapparlo via. Capaci di guardare le cose per ciò che sono realmente, cogliendone i punti di rottura, le ipocrisie, i tesori nascosti. Entrambi toccano il fango al posto nostro, ci infilano le mani e le braccia fino ai gomiti e poi, quando ormai non te lo aspetti più, da quel fango tirano fuori qualcosa che magari è molto fragile, ma anche bellissimo e commovente. E ce lo raccontano, per dare anche a noi, nonostante la nebbia che ci circonda, la possibilità di vederlo.

Sono profondamente grata a entrambi, per questo.

Dylan Dog 419Albachiara“, testi di Gabriella Contu e disegni di Sergio Gerasi, copertine di Gigi Cavenago e Fabrizio De Tommaso. Dal 30 luglio in edicola, fumetteria e nel nostro sito ufficiale.


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