di Gianmaria Contro
Da Twin Peaks in poi…
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Fino al 1990, seguire una serie televisiva era considerata un’attività – o meglio una passività – riposante. Nessuno si sarebbe azzardato ad avanzare interpretazioni psicanalitiche sul pollice di Fonzie, a riflettere filosoficamente sul costume rosso-argenteo dell’alieno Mork o a ragionare sull’etica di Star Trek (beh, forse qualcuno sì, ma non molti). Potersi adagiare dopo cena davanti all’intrattenimento catodico, quotidiano o setti manale che fosse, era il coronamento di una giornata di duro lavoro e rappresentava la naturale anticamera del sonno notturno. Non era lecito riattivare i neuroni ormai ubriachi con angosce e interrogativi irrisolvibili…
Dunque, quando, in quel fatidico anno, il piccolo rettangolo opalescente prese a incalzare l’audience con il tormentante tormentone “Chi ha ucciso Laura Palmer?”, tutti – per lo meno quelli che ancora non dormivano – si resero conto che qualcosa stava per cambiare.
Quella al centro de I segreti di Twin Peaks non era certo la prima cittadina americana che celasse segreti e misteri, ma quasi sicuramente era la prima in cui le più elementari leggi della logica e della narrazione televisiva potevano andarsene a gambe all’aria senza alcun preavviso. E, peraltro, senza che nessuno se ne lamentasse. Secondo i televisionologi professionisti, la celeberrima creazione del regista David Lynch e dello sceneggiatore Mark Frost – con il suo bagaglio di personaggi bizzarri, situazioni paradossali, squarci onirici e siparietti da vaudeville, in una miscela frastornante di black comedy e psico-horror demonologico – scatenò una rivoluzione che avrebbe per sempre sovvertito l’idea di entertainment televisivo.
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Le altre anteprime degli horror files:
► Tutto iniziò nel Castello d’Otranto di Giuseppe Lippi.
► Sono dentro uno slasher. E voglio uscirne vivo di Maurizio Colombo.
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In apertura: Le “casalinghe più che perfette” ideate da Ira Levin nel romanzo La fabbrica delle mogli, viste da Aldo Di Gennaro.
